sabato 22 luglio 2017

Ulisse- 2°Ep. La Scuola - 4°quadro: lo studio di Mr Deasy 1

Hecamede versa da bere a Nestore (secondo  una usuale interpretazione scolastica della scena ) nel tondo di una coppa Attica del ca. 490 AC.
Fonte: Wikimedia Commons.
Ecamede Figlia di Arsinoo, venne catturata da Achille nella conquista dell'isola di Tenedo mentre lo stesso si recava a Troia. Successivamente divenne schiava di Nestore.

Lettura ad alta voce
Testo italiano con link alle note di 
Traduzione: Giulio de Angelis

Erano divisi in squadre e Mr Deasy avanzava passando
sui radi fili d'erba con i piedi inguainati nelle ghette. Quando ebbe raggiunto la scuola, le voci di nuovo in contesa lo chiamarono. Egli volse i
bianchi baffi irosi.
- Cosa c’è ora? gridava continuamente senza ascoltare.
-Cochrane e Halliday sono nella stessa squadra signore,
gridò Stephen.
- Vuole attendere un momento nel mio studio, disse Mr Deasy, finché non abbia ristabilito l’ordine qui.
E nel riattraversare indaffarato il campo la sua voce da vecchio gridava severa:
- Cosa succede? Cosa c’è?
Le loro voci acute gli gridavano intorno da ogni lato: le loro molte forme lo serravano, mentre il sole sgargiante scialbava il miele dei suoi capelli mal tinti.
Un’aria stantia di fumo gravava nello studio insieme all’odore del cuoio logoro e scolorito delle sedie. Come il primo giorno che egli contrattò con me qui.
Un passo rapido sul lastrico del porticato e nel corridoio. Soffiando all’infuori i suoi radi baffi Mr Deasy si fermò al tavolo.
- Anzitutto, la nostra piccola questione amministrativa, disse.
Estrasse dalla giacca un portafogli assicurato da un cinturino di cuoio. Si aprì di scatto, ed egli ne estrasse due banconote, una delle quali formata da due metà unite insieme, e le depose con cura sul tavolo.
- Due, disse, fermando il cinturino e riponendo il portafogli.
E ora la camera blindata per l'oro. La mano imbarazzata di Stephen si mosse sulle conchiglie ammucchiate nel freddo mortaio di pietra: buccini e monete, cauri e conchiglie maculate: e questa, attortigliata come il turbante di un emiro, e questa, valva del nicchio di San Giacomo. Il gruzzolo di un antico pellegrino, morto tesoro, vuoti gusci di conchiglie.
Una sovrana cadde, lucente e nuova, sulla soffice peluria del
tappeto del tavolo.
- Tre, disse Mr Deasy, rigirando in mano il suo forzieretto metallico. Questi sono aggeggi pratici. Vede. Questo è per le sovrane. Questo per gli scellini, le monete da sei pence, le mezze corone. E qui le corone. Vede.
Ne fece uscire due corone e due scellini.
- Tre e dodici, disse. Credo che troverà che il conto torna.
- Grazie, signore, disse Stephen, raccogliendo insieme il denaro con timida fretta e infilandolo tutto in una tasca dei pantaloni.
- Grazie di nulla, disse Mr Deasy. Se lo è guadagnato.
La mano di Stephen, di nuovo libera, tornò al vuoti gusci di conchiglia. Simboli anche di bellezza e di potenza. Un rigonfio nella tasca. Simboli insozzati d avidità e infelicità.
- Non li porti così, disse Mr Deasy. Li tirerà fuori da qualche parte e li perderà. Compri uno di questi arnesi. Li troverà molto
pratici.
Rispondere qualcosa.
- Il mio sarebbe spesso vuoto, disse Stephen.
La stessa stanza e la stessa ora, la stessa saggezza: ed io lo stesso. Tre volte ora. Tre cappi intorno al mio collo qui. Bene. Li posso spezzare in questo istante se voglio.
- Perché lei non risparmia, disse Mr Deasy, puntando un dito. Lei
non sa ancora cos’è il denaro. Il denaro è potere, quando lei avrà vissuto quanto me. Lo so, lo so. Solo che i giovani sapessero. Ma cosa dice Shakespeare? Solo, metti danaro nella borsa.
- Iago, mormorò Stephen.
Levò gli occhi dalle vane conchiglie per incontrare lo sguardo del vecchio.
- Lui lo sapeva cos’era il danaro, disse Mr Deasy. Ha fatto quattrini. Poeta sì, ma anche inglese. Lo sa lei cos’è il vanto degli
inglesi? Lo sa qual è la parola più fiera che udirà mai uscire dalla
bocca di un inglese?
Il signore delle onde. I suoi occhi freddi come il mare guardavano la baia vuota: la colpa è della storia: su di me e sulle mie parole, senza odio.
- Che sul suo impero, disse Stephen, non tramonta mai il sole.
- Bah! esclamò Mr Deasy. Quello non è inglese.
Quello lo disse un celta francese. Tambureggiò col suo piccolo forziere contro l’unghia del pollice.
- Glielo dirò io, disse solennemente, qual è il suo vanto più fiero.
Ho pagato.
Brav’uomo, brav’uomo.
- Ho pagato. Non ho mai preso in prestito uno scellino in via mia.
A Mulligan, nove sterline, tre paia di pedalini, un paio di stivali, cravatte. A Curran, dieci ghinee. A McCann, una ghinea. A Fred Ryan, due scellini. A Temple, due colazioni. A Russell, una ghinea, a Cousins, dieci scellini, a Bob Reynolds, mezza ghinea, a Kohler, tre ghinee, a Mrs McKernan, cinque settimane di pensione. Il rigonfio che ho in tasca è inutile.

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