sabato 22 luglio 2017

Ulisse- 2°Ep. La Scuola -3°quadro: Sargent

Lettura del brano ad alta voce 

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Testo italiano con Collegamento con alle note 
Trascritto da Traduzione di: Giulio de Angeli
Medusa Mondadori 1970

Sargent, il solo che avesse indugiato, si fece avanti con lentezza tenendo un quaderno aperto. I capelli arruffati e il collo scarno davano a divedere un che di tardo e attraverso le lenti appannate deboli occhi si levavano imploranti. Sulla gota, smorta ed esangue, c’era una lieve macchia d’inchiostro, a forma di dattero, recente e umida come una traccia di lumaca.
Porse il quaderno. In cima alla pagina stava scritta la parola Operazioni. Sotto c’erano delle cifre sbilenche, in fondo una firma contorta, con gli occhielli delle lettere ciechi e una macchia. Cyril Sargent: firma e suggello.
- Mr Deasy mi ha detto di riscriverle tutte, disse e di fargliele vedere, professore.
Stephen toccò gli orli del quaderno. Nullità.
- Ha capito ora come si fanno? domandò.
- Dall’esercizio undici al quindici, rispose Sargent. Mr Deasy ha detto che dovevo
copiarle dalla lavagna signore.
- Le sa fare da sé? domandò Stephen.
- No, professore.
Brutto e nullo: collo magro e capelli arruffati e una macchia d’inchiostro, una traccia di lumaca. Eppure c'era una che lo aveva amato, portato in braccio e dentro al cuore. Se non fosse stato per lei la maratona del mondo lo avrebbe schiacciato sotto i piedi, spiaccicata lumaca senza vertebre. Lei aveva amato quel debole sangue acquoso trasfuso dal proprio. Era dunque vero? La sola cosa autentica della vita? Sul corpo prostrato della madre cavalcò nel suo santo zelo il focoso Colombano. Essa non era più: lo scheletro tremante di un ramoscello bruciato nel focolare, un sentor di legno di rosa e di cenere umida. Aveva impedito che lo schiacciassero sotto i piedi; e se ne era andata, senza quasi essere esistita. Un’animuccia andata in cielo: e in una landa sotto l’ammiccare delle stelle una volpe, rosso fortore di rapina nel pelo, con occhi lustri spietati grattava nella terra, ascoltava, grattava via la terra, ascoltava, grattava e grattava.
Seduto accanto a lui, Stephen risolveva il problema. Dimostra con l’algebra che lo spettro di Shakespeare è il nonno di Amleto. Sargent guardava in tralice attraverso gli occhiali a sghimbescio, le mazze da hockey sbattevano nel ripostiglio: il colpo sordo d'una palla e richiami dal campo.
Attraverso la pagina i simboli si muovevano in solenne moresca, sotto le maschere delle loro lettere, con bizzarre berrette di quadrati e cubi. Date la mano, traversate, inchinatevi alla dama: così: demonietti usciti dalla fantasia dei Mori. Scomparsi anche loro dal mondo, Averroè e Mosè Maimonide, uomini scuri nel volto e nel gesto, che facevano balenare nei loro specchi beffardi l'anima buia del mondo, un’oscurità splendente nella luce, che la luce non poteva comprendere.
- Capisce ora? Riesce a fare da solo quella dopo?
- Sì, professore.
Con lunghi tratti confusi Sargent ricopiò i dati. Sempre in attesa di una parola di aiuto, la mano moveva fedelmente i simboli incerti, un debole color di vergogna balenava sotto la pelle opaca. Amor matris: genitivo soggettivo e oggettivo. Col sangue debole e il latte sieroso l’aveva nutrito e aveva nascosto agli occhi degli altri le sue fasce di neonato.
Ero come lui, queste spalle cadenti, questa sgraziataggine. La mia infanzia si china qui accanto a me. Troppo distante perché io possa posarvi la mano anche una sola volta, o lievemente. La mia è distante e la sua segreta come i nostri occhi. Silenziosi, pietosi, segreti sono insediati nei palazzi bui di entrambi i nostri cuori: segreti stanchi della loro tirannide: tiranni disposti a essere detronizzati.
L’operazione era fatta.
- E’ semplicissimo, disse Stephen alzandosi.
- Sì, professore. Grazie, rispose Sargent.
Asciugò la pagina con un sottile foglio di carta assorbente e riportò il quaderno al suo banco.
- Meglio che adesso lei vada a prendere la mazza e raggiunga gli altri, disse Stephen, seguendo verso la porta la figura sgraziata del ragazzo.
- Sì, signore.
Nel corridoio si sentì il nome del ragazzo, chiamato dal campo.
- Sargent!
- Corra, disse Stephen. Mr Deasy la chiama.
Si fermò nel portico a guardare il ritardatario che correva verso il misero campo da gioco dove voci acute stavano contendendo.
Lei aveva amato quel debole sangue acquoso trasfuso dal proprio. Era dunque vero? La sola cosa autentica della vita?
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Per leggere Il testo inglese e quello italiano a confronto
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Link a Drive 2°Ep. 3°quadro:Testo Originale 

con traduzione a fronte e note

da joyceproject.com

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